Erebel
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Perfino gli scienziati si mettono a disquisire sulle vritù del fantasy...guardate cosa ho trovato, lavorando? Poi lo commentiamo, se volete Elogio del fantasy Mente&Cervello, Novembre 2008, n. 47 Poco considerato dalle case editrici e guardato con sospetto dalla cultura cattolica (ma anche da quella laica), il genere fantasy in Italia patisce preconcetti e luoghi comuni. Nonostante una sterminata platea di potenziali lettori. Di Loredana Lipperini Francesco Dimitri è un giocatore di ruolo (un master, per essere esatti), uno studioso di esoterismo, un saggista, un autore di horror (La ragazza dei miei sogni, per la piccola e coraggiosa casa editrice Gargoyle Books). Ed è arrivato come una bomba nel mondo del fantasy italiano, realtà quanto mai singolare e sottovalutata. In breve: la narrativa fantasy avrebbe una platea sterminata di potenziali lettori già usciti dall'infanzia. Non lettori qualunque, peraltro: ma in grado di tracciare connessioni fra opere, analizzare, anche spietatamente, i mondi creati, valutarne la tenuta e l'originalità, discuterne fino allo sfinimento. Fin qui, benissimo: peccato che molti editori italiani non lo sappiano. O non siano consapevoli fino in fondo di quello che hanno davanti, proponendo con allarmante frequenza libri fitti di avvenimenti ma poveri di emozioni, oppure incoerenti, o palesemente e pesantemente influenzati dai grandi numi tutelari (Tolkien su tutti). Con conseguente disillusione degli appassionati e l'alimentazione del preconcetto secondo il quale il fantasy, in Italia, funziona solo per i giovanissimi. Bene: non è vero. Quando Dimitri ha pubblicato Pan, inducendo alla scommessa una casa editrice fin qui al di fuori dal circuito fantasy come Marsilio, ha ottenuto un plebiscito anche tra i fan più esigenti. Come ha fatto? Gli è bastato mettere in pratica quello che scrisse Stephen King quando iniziò il primo dei sette volumi della Torre nera. Per sfuggire all'ombra di Tolkien occorre inventare nuovi mondi. O creare ibridi, come fece King stesso ispirandosi dichiaratamente ai western di Sergio Leone per la creazione di Roland di Gilead. Dimitri si è ispirato invece a James Barrie, facendo giustizia dell'edulcorazione di Peter Pan che a Barrie è successiva. Si è ispirato anche a un altro capolavoro misconosciuto, Il grande dio Pan di Arthur Machen. E ha riportato in un ambiente cittadino il mistero, il terrore del sacro, l'estraneità e la necessità del fantastico nel mondo attuale. Pan è il dio che porta scompiglio, non un adorabile ragazzino. I Bambini perduti sono feroci. Il loro caos è primordiale e si oppone alle ordinate strutture umane difese da Capitan Uncino. La realtà non è solo quella che tocchiamo: il pavimento della nostra casa può diventare, se lo vogliamo, la spiaggia di un'Isola perduta. (Da Le Scienze online)
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